A seguito dell’articolo scritto da Maria Ausilia Boemi e pubblicato su La Sicilia, Fabio Vannucci ha intervistato per Slow Food Italia la nostra Roberta Capizzi.
Il 6 maggio scorso è stata una data importante per la nostra rete. È infatti stato lanciato l’appello #ripartiamodallaterra, diffuso dall’alleanza Slow Food dei cuochi per chiedere al governo e agli enti territoriali di sostenere una migliore agricoltura e una ristorazione di qualità.
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Le mele, denominatore comune tra la Sicilia e New York, nella storia di Turiddu
Turiddu, nato nella Grande Mela, proprio con le mele iniziò lo svezzamento. Grattugiate con amore dentro un cucchiaino “travestito” da trenino. Ingredienti principali di deliziose merende quando era ancora alle Elementary School e di intensi pomeriggi di studio una volta arrivato all’università.
Dall’americanissima Apple Pie alla torta di mele alla siciliana, le mele furono sempre molto presenti nella dieta di Turiddu.
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“Del maiale non si butta mai niente” ripeteva la nonna al piccolo Turiddu, ricordando di quando, vicino ai giorni di festa, ci si preparava al rito dell’uccisione del maiale.
È una tradizione che può sembrare cruenta oggi, ma all’epoca la disponibilità di carne era poca e questo era l’unico modo per garantirsi grasso e riserve per il periodo invernale. Basta pensare che la carne di un solo animale permetteva la sopravvivenza di una famiglia per un intero anno.
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Il sole cocente, il brusio delle cicale, i gabbiani a mezz’aria sopra il mare in lontananza. Tutto attorno l’erba ormai ingiallita dei pascoli ragusani nei quali il nonno del piccolo Turiddu, al tempo bambino, amava correre insieme a suo cugino Ninuzzu, durante la transumanza estiva del rumoroso gregge di asinelli di suo zio Tano.
Come ogni anno, il piccolo nonno Turi non vedeva l’ora che venisse luglio per trasferirsi due settimane nel casolare degli zii e poter trascorrere del tempo in compagnia dei suoi i parenti più stretti,
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Della ruzzola, il tradizionale gioco di strada, Cumpari Turiddu sapeva ogni cosa.
Amava osservare lo sguardo un po’ nostalgico della nonna quando raccontava della forma di formaggio stagionato che veniva fatta rotolare lungo il pendio della via principale di Novara di Sicilia.
Quel formaggio era il Maiorchino, e ancora oggi, durante il Carnevale, con le forme stagionate, nei comuni di Basicò e Novara di Sicilia,
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Per il miele Cumpari Turiddu ha una vera e propria passione. La stessa di Carlo Amodeo, colui che con la sua apicultura ha il merito aver impedito l’estinzione dell’ape nera sicula, oggi Presidio Slow Food.
Avviato nel 2008 per lanciare un allarme circa il rischio di estinzione di questa razza autoctona, oggi il Presidio conta otto allevatori che,
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Cumpari Turiddu usa spesso i capperi per dare mordente alle sue ricette, dal più tradizionale dei sughi alle insalate più originali.
Fra tutte le varietà disponibili i suoi preferiti sono quelli di Salina, conosciuti in tutto il mondo per la loro compattezza e per il loro profumo.
Tra qualche settimana inizierà la raccolta dei capperi che, ancora oggi, si fa come un tempo. Un rito quasi sacrale che si effettua da maggio ad agosto,
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Sono moltissime le ricette a base di pistacchio che la nonna del piccolo Turiddu amava preparare. Dolci di ogni tipo, abbondanti primi e deliziosi secondi.
Ma i pistacchi non sono tutti uguali. E Cumpari Turiddu lo sa bene. Il suo preferito?
Quello Presidio Slow Food di Bronte ovviamente. Il migliore per sapore e aroma.
Questa varietà di pistacchio, infatti, cresce sui terreni accidentati di Bronte e in nessun’altra parte d’Europa.
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Questo dolce siciliano è una ricetta originale delle suore cistercensi del Monastero di Santo Spirito di Agrigento. Un segreto da sempre custodito tra le mura dell’antico convento, tramandato nei silenzi della clausura.
Cumpari Turiddu ha però scoperto cosa rende celestiale questo speciale cous cous e non vede l’ora di farvelo assaggiare. La ricetta rivisitata è un impasto delicato di semola, pistacchi di Bronte, cannella e… ingredienti da scoprire un morso alla volta.
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