Pesce spada alla ghiotta, la ricetta di origini messinesi nella quale “fare scarpetta” è d’obbligo.
Il modo in cui cucinava, la scelta delle ricette e una netta predilezione per il pesce, tradivano le origini messinesi della nonna. Uno dei suoi cavalli di battaglia, tra i preferiti di Turiddu, era un secondo a base di pesce spada con un sugo gustosissimo dal nome succulento, la ghiotta. Un sugo che la nonna cucinava spesso perché lo trasformava poi in base alle esigenze.
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Di ritorno dai pomeriggi trascorsi alla Federazione Italo americana del Queens e Brooklyn, dopo estenuanti partite di pallone, Cumpari Turiddu non vedeva l’ora di tornare a casa. Là avrebbe trovato ad attenderlo il sorriso caldo della nonna e una merenda morbida e delicata.
La nonna la preparava con pochi bianchissimi ingredienti: latte, amido, mandorle (di cui tre amare), panna, zucchero e poi colla di pesce,
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Kemal Demir era davvero un “picciriddu spertu”, Turiddu lo aveva incontrato al suo arrivo a Catania.
Bazzicava alla Civita, e lo trovavi ogni mattina agli Archi della Marina a vendere “u mauru” con sale e limone, una prelibatezza che purtroppo in giro oggi non si trova più.
Avrà avuto tredici anni al massimo, due occhi scurissimi e la pelle ambrata.
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Cumpari Turiddu la Sicilia l’ha sempre amata da lontano, nei ricordi e nei racconti della sua famiglia, e di sua nonna soprattutto.
Una volta tornato in Sicilia il desiderio di ricostruire le sue origini è diventato dunque una vera e propria missione. Quasi un’ossessione che lo ha portato in giro per tutta l’isola alla scoperta delle ricette e degli aneddoti più impensati.
Come quello legato a questo sformatino di pasta con sugo di manzo di razza modicana,
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Seksu, Maftūl, Seffa, Taʿām, diversi nomi e preparazioni per indicare un piatto di origini africane entrato ormai di diritto nella tradizione culinaria siciliana.
Parliamo del cuscus, granelli di semola cotti a vapore con cui si accompagnano carne, pesce e verdure in umido, già conosciuto prima del X secolo in tutta quell’area occidentale dell’Africa subsahariana che oggi abbraccia Niger, Mali, Mauritania, Ghana e Burkina Faso.
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La nonna di Cumpari Turiddu la chiamava “a signurina du mari”. E lui se lo ricorda bene perché, prima di tornare in Sicilia, della spatola aveva solo sentito parlare.
Un giorno alla pescheria di Catania, fra i banchi, eccola lì: lunga lunga e argentata. Nel vecchio ricettario pochi ingredienti da associare: pangrattato, prezzemolo, aglio, olio.
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Questo dolce siciliano è una ricetta originale delle suore cistercensi del Monastero di Santo Spirito di Agrigento. Un segreto da sempre custodito tra le mura dell’antico convento, tramandato nei silenzi della clausura.
Cumpari Turiddu ha però scoperto cosa rende celestiale questo speciale cous cous e non vede l’ora di farvelo assaggiare. La ricetta rivisitata è un impasto delicato di semola, pistacchi di Bronte, cannella e… ingredienti da scoprire un morso alla volta.
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