Vista con gli occhi di uno straniero la festa di Sant’Agata è qualcosa di monumentale (non a caso è la terza festa religiosa più famosa al mondo). Anche Cumpari Turiddu ne rimase totalmente affascinato la prima volta, rapito dal sentimento di appartenenza che pervade Catania durante i festeggiamenti.
La città, infatti, dal 3 al 6 febbraio si trasforma e prende nuovi colori, profumi e sapori. Lo scintillio degli spettacoli pirotecnici della “sira du tri”, i devoti vestiti di bianco e le Candelore con i loro fiori rendono Sant’Agata una festa tutta da guardare con gli occhi pieni di meraviglia.
Nonostante, a causa della Pandemia, i festeggiamenti pubblici siano stati sospesi anche quest’anno, Catania continua a mantenere viva l’immagine della sua “Santa bambina” e porta avanti in qualche modo le tradizioni più tipiche di questi giorni di festa.
Non ci sono quest’anno in giro per le strade bancarelle di dolci che diffondono profumi deliziosi, ma nei nei forni e nelle pasticcerie si trovano comunque tutte le reali specialità agatine: dalle “minnuzze ri Sant’Aita” alle “olivette”, delle piccole olive di pasta di mandorla ricoperte di zucchero o cioccolato, che si rifanno a un episodio leggendario legato al culto di Sant’Agata.
Si racconta, infatti, che la giovane Agata in fuga dai soldati romani si fermò per allacciarsi una scarpa. E proprio in quel punto nacque un ulivo che la nascose alla vista degli uomini del proconsole Quinziano.
Sempre secondo la tradizione anche le cassatelle di Sant’Agata sono legate alla storia delle vergine catanese alla quale furono strappati i seni. Il dolce nella forma, infatti, vuole ricordare il martirio a cui Agata fu sottoposta. Il pan di Spagna tondeggiante, come una piccola cupola, ricoperto di glassa bianca e rifinito da una ciliegia candita in cima ricorda per l’appunto la forma di un piccolo seno.
Un uso molto antico, poi, vuole che nel quartiere della Civita il 4 febbraio si mangi “Pasta e ciciri”. Questi legumi nella borgata dei pescatori significano abbondanza e devozione. È un retaggio antico che si rifà alla tradizione per la quale le donne della famiglia abbandonavano la loro cucina solo per mostrare devozione alla “Santuzza”.
Ancora oggi nonne e bisnonne del quartiere tramandano questa usanza a figlie e nipoti. Le più anziane, inoltre, raccontano che una volta la pasta e ceci, il giorno della Festa, si mangiava a colazione.
Insomma a Catania di mangiare non si smette mai!
Credit Foto: Carla Iudica, Zagara e Cedro e Cook Zone
19 Febbraio 2020 at 17:01 /
[…] infatti, alla festa della patrona Sant’Agata sono legati dolci deliziosi, al Carnevale catanese appartiene un piatto altrettanto voluttuoso ma di certo più esagerato: la […]