Tra i boschi di Floresta alla scoperta della Provola dei Nebrodi

“Esiste un luogo in Sicilia dove i colori sono più accesi e i contrasti più nitidi. Un posto quasi magico, oltre i 1200 metri di altezza, dove la bellezza del paesaggio si accompagna alla perfezione con quello che ti mettono nel piatto”

Iniziava sempre così il racconto della nonna di Turiddu quando si parlava di Floresta. Questo paesino arroccato (non a caso è il comune più alto della Sicilia) era uno dei suoi ricordi di infanzia più cari. Non solo per il paesaggio mozzafiato e per i verdi pascoli ma soprattutto per alcuni prodotti caseari di prima qualità. Tra i quali anche un formaggio buonissimo che all’assaggio sembrava quasi sciogliersi in bocca. E si sa, con Me Cumpari Turiddu non si scherza quando si parla di formaggio.

Stiamo parlando della provola dei Nebrodi, oggi Presidio Slow Food. Un tradizionale caciocavallo siciliano prodotto nel territorio dei monti dai quali prende il nome.

Realizzato con una tecnica antica, tramandata da padre in figlio, questo formaggio varia di sapore e dimensione a seconda della stagionatura e del luogo di produzione: non più di un chilogrammo nel territorio tra Mistretta e Caronia, quasi due chili tra Floresta e Castell’Umberto e fino a cinque chili tra Basicò e Montalbano Elicona.
La forma, invece, sempre la stessa: ovoidale, con la classica testina dei cacicavalli, indispensabile per legare le forme e appenderle.

Le provole, prodotte con latte vaccino crudo, coagulano grazia al caglio di agnello e poi si filano con acqua calda. L’impasto si lavora a lungo con le mani, come fosse pane. Le forme, una volta pronte, hanno una crosta liscia, lucida e dal colore paglierino che diventa più scuro con la stagionatura. Anche il sapore cambia con la stagionatura passando dal dolce iniziale al piccante.

Un procedimento antico e complicato: i passaggi cruciali

Semplice a dirsi ancor meno a farsi, questo procedimento è davvero lungo e faticoso. Le provole si producono solo una volta al giorno, utilizzando il latte vaccino della mungitura serale, che una volta filtrato va conservato in un serbatoio a 4° fino al giorno successivo.

Al momento della preparazione si riscalda il latte fino a 37° e si aggiunge a quello munto la mattina insieme al caglio di capretto. Ci vogliono dai 45 ai 60 minuti perché tutto si rapprenda.

La cagliata viene rotta con la “ruotola”, una rotella di legno, e acqua calda. Quando i coaguli si sono depositati sul fondo della “tina”, si versa il siero di latte nella caldaia per preparare la ricotta.
La cagliata, quindi, resta nella “tina” con la “scotta” a 78° (in estate, invece, viene rimossa e adagiata su un piano). Quando la scotta raggiunge la temperatura di 37°, con le mani si estrae la cagliata e si adagia sul “tavuliere”, una tavola piana. Si copre tutto con un panno di lino in modo che si asciughi la massa dal siero. Questo processo di acidificazione naturale può durare anche 24 ore.

La lavorazione a mano, il segreto del “cosacavaddu”

Arriva dunque la fase della lavorazione a mano, forse la parte più difficile. Si separano delle porzioni della cagliata, e si lavorano con la “manuedda” nel “piddaturi”. La prima è una spatola di legno, la seconda un contenitore conico. Servono due persone per completare questa operazione.

Il siero a questo punto sembra quasi un gomitolo, e queste porzioni di “impasto” si rimettono a bagno nel “piddaturi” prima con acqua e poi con salamoia satura per almeno un giorno, passato il quale le forme “ncuppate” (il movimento delle mani che durante la lavorazione conferisce loro la classica forma a pera), vengono legate a coppie e appese a cavallo di una pertica per almeneno sei mesi. Da qui il nome “caciocavallo”, italianizzazione del termine siciliano “cosacavaddu”

La famiglia Agostino, produce per Me Cumpari Turiddu tra l’altro anche provole dei Nebrodi di diversa stagionatura. Da abbinare con i bianchi dell’Etna nella versione fresca, con rossi corposi le forme semi stagionate, con passiti e Marsala quelle che hanno stagionato oltre i 4 mesi.

Credit Foto: La Sicilia in rete