Appesa su una delle pareti laterali del Ristrò, campeggia maestosa una locandina originale del film “Nuovo cinema Paradiso”.

Per molti ospiti quel poster è un mero dettaglio, una semplice decorazione. Per Cumpari Turiddu, invece, rappresenta molto di più.

Era una sera di pioggia del 1990 quando un Turiddu poco più che trentenne si “infilava” per caso al The Paris Theater, uno dei più antichi monosala, tuttora aperto, di Manhattan.

In programma il miglior film straniero premiato agli Oscar di quell’anno, “Nuovo cinema Paradiso”. Capolavoro di un regista sconosciuto, Giuseppe Tornatore.

Nel buio della sala, il rumore di un proiettore, la musica di Ennio Morricone e poi il mare, un balcone e una tenda bianca mossa dal vento.

Mentre la storia prendeva vita sullo schermo, Turiddu sentiva sempre più sua quella malinconia ironica e pungente, a tratti un po’ affettuosa, che accompagna l’amicizia tra Alfredo e Totò.

“Fai come al soldato Totò. Vattinni chista è terra maligna! Fino a quando ci sei ti senti al centro del mondo, ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti. Un anno due, e quanno torni è cambiato tutto: si rompe il filo. Non trovi chi volevi trovare. Le tue cose non ci sono più. Bisogna andare via per molto tempo, per moltissimi anni, per trovare, al ritorno, la tua gente, la terra unni si nato. Ma ora no, non è possibile. Ora tu sei più cieco di me”.

Cresciuto in terra straniera Turiddu di quella Sicilia aveva solo il racconto della nonna.

Aveva visto nei suoi occhi lucidi, nei suoi aneddoti e nelle cantilene in dialetto quel desiderio di ritorno e quella paura che fosse tutto così profondamente immutato e allo stesso tempo cambiato per sempre.

Una “terra maligna” la Sicilia, che incanta i viaggiatori come una sirena, e li ingoia come un mostro marino.

Una volta terminata la proiezione in Turiddu era chiara e concreta la decisione che avrebbe preso, un viaggio verso la Sicilia alla scoperta delle proprie origini con la volontà di cambiare il proprio destino.

Da quel momento la storia è nota: Turiddu ha girato la Sicilia in lungo e in largo e se n’è innamorato più di quanto non fosse già.

Non ha mai dato spazio alla malinconia e la sua vita l’ha cambiata davvero, e quest’isola, ricca di tesori e contraddizioni, è diventata la struttura portante di tutto il suo lavoro.

Ogni scelta, ogni ingrediente, ogni ricetta trasudano di questo amore. Perché, come ci insegna il vecchio Alfredo: “Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del paradiso quando eri picciriddu”.